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The Twilight Saga: Breaking Dawn - Parte 1
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The Twilight Saga: Breaking Dawn - Parte 1
Isabella Swan e Edward Cullen si sposano, mormorano i loro sì in sordina durante una cerimonia tradizionalmente elegante, che per una volta riunisce tutti, umani e non, Jacob compreso. Il viaggio di nozze in Brasile si conclude con una gravidanza inaspettata, per un verso miracolosa (il padre è un non morto), per l'altro pericolosa, per il ritmo di crescita del feto e il rischio a cui è sottoposta la madre. Se Bella non sente ragioni e vuole tenere il bambino, Edward e molti della sua famiglia vorrebbero invece dissuaderla.
Sulla saga della Bella e delle bestie la Meyer ha versato fiumi d'inchiostro, solo "Breaking Dawn" conta più di 700 pagine, ma occorre essere onesti e dare al cinema il merito di aver senza dubbio migliorato la carta, che quanto a stile lascia a dir poco a desiderare. Per il capitolo finale, la regia passa a Bill Condon, che non fa sfoggio di virtuosismi ma bada alla storia e traghetta quelli che solo due anni fa erano liceali ai primi sospiri verso un'età improvvisamente adulta, fuori dalla famiglia d'origine dentro una famiglia creata in autonomia e antropologicamente mutata.
Nonostante l'apertura sulla cerimonia (la sequenza peggiore del film), la vicenda non rinuncia certo al triangolo e anzi lo estende al massimo (con Edward e Jacob uniti nella pratica ginecologica) fino a fargli mutare forma, nel finale. Se negli altri film il melodramma di base s'ibridava volentieri con il teen movie o l'action, qui è l'horror che fa capolino, nelle crude scene della gravidanza della protagonista, minacciata di morte dall'interno del proprio corpo, spolpata ben oltre il limite dell'anoressia grave perché la fiaba di Biancaneve possa compiersi al contrario e il morso, anziché il bacio, possa portare la salvezza e la floridezza attraverso la veglia eterna.
Lei, è vero, è giovanissima, lui teoricamente centenario, ma la verità è che a questo livello di cose l'età non conta, e forse quanti anni hanno i suoi due pupilli non se lo ricordava nemmeno la Meyer: sono fuori dal tempo, esseri ridotti ad archetipi. Ma non è un bene. Che questo capitolo, infatti, sia probabilmente migliore del precedente o certamente migliore del precedente del precedente è una verità relativa, perché tutto è corrotto dal vizio capitale della saga: l'ansia di non dispiacere a nessuno. Dal vestito da sposa di Bella, che non può deludere le fan, alle scene della consumazione, che non possono quasi esistere (pena la scure del divieto ai minori), un film dopo l'altro, l'operazione Twilight si è infilata in un tunnel in cui la ricerca del consenso ha divorato la possibilità di dare al prodotto una personalità cinematografica originale e il disturbante (stiamo pur sempre parlando di vampiri) ha lasciato il posto all'ordinario.
Sulla saga della Bella e delle bestie la Meyer ha versato fiumi d'inchiostro, solo "Breaking Dawn" conta più di 700 pagine, ma occorre essere onesti e dare al cinema il merito di aver senza dubbio migliorato la carta, che quanto a stile lascia a dir poco a desiderare. Per il capitolo finale, la regia passa a Bill Condon, che non fa sfoggio di virtuosismi ma bada alla storia e traghetta quelli che solo due anni fa erano liceali ai primi sospiri verso un'età improvvisamente adulta, fuori dalla famiglia d'origine dentro una famiglia creata in autonomia e antropologicamente mutata.
Nonostante l'apertura sulla cerimonia (la sequenza peggiore del film), la vicenda non rinuncia certo al triangolo e anzi lo estende al massimo (con Edward e Jacob uniti nella pratica ginecologica) fino a fargli mutare forma, nel finale. Se negli altri film il melodramma di base s'ibridava volentieri con il teen movie o l'action, qui è l'horror che fa capolino, nelle crude scene della gravidanza della protagonista, minacciata di morte dall'interno del proprio corpo, spolpata ben oltre il limite dell'anoressia grave perché la fiaba di Biancaneve possa compiersi al contrario e il morso, anziché il bacio, possa portare la salvezza e la floridezza attraverso la veglia eterna.
Lei, è vero, è giovanissima, lui teoricamente centenario, ma la verità è che a questo livello di cose l'età non conta, e forse quanti anni hanno i suoi due pupilli non se lo ricordava nemmeno la Meyer: sono fuori dal tempo, esseri ridotti ad archetipi. Ma non è un bene. Che questo capitolo, infatti, sia probabilmente migliore del precedente o certamente migliore del precedente del precedente è una verità relativa, perché tutto è corrotto dal vizio capitale della saga: l'ansia di non dispiacere a nessuno. Dal vestito da sposa di Bella, che non può deludere le fan, alle scene della consumazione, che non possono quasi esistere (pena la scure del divieto ai minori), un film dopo l'altro, l'operazione Twilight si è infilata in un tunnel in cui la ricerca del consenso ha divorato la possibilità di dare al prodotto una personalità cinematografica originale e il disturbante (stiamo pur sempre parlando di vampiri) ha lasciato il posto all'ordinario.
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