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FAO: E' IL PROTEZIONISMO AGRICOLO DEI RICCHI A COLPIRE GLI AFFAMATI
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FAO: E' IL PROTEZIONISMO AGRICOLO DEI RICCHI A COLPIRE GLI AFFAMATI
(ASCA) - Roma, 16 nov - Se gli stessi Paesi in via di sviluppo abolissero le barriere agricole interne, i loro cittadini ne ricaverebbero benefici per 22 miliardi di dollari, la meta' dei 44 miliardi di aiuti all'agricoltura che secondo il direttore generale della Fao, Jacques Diouf, servirebbero per nutrire la popolazione mondiale. Ma le responsabilita' maggiori ricadono sui paesi ricchi.
La stima del Fondo monetario internazionale sul ''protezionismo alimentare'' ritorna d'attualita' e si inserisce nell'agenda del vertice Fao di Roma.
La crisi alimentare e', infatti, esplosa come questione mondiale alla fine del 2007. Nel mese di aprile del 2008, il segretario generale delle Nazioni Unite ha istituito una High-Level Task Force (HLTF), che ha coinvolto 22 istituzioni delle Nazioni Unite e di Bretton Woods, per lavorare ad un piano coordinato di risposta multilaterale. Entro il mese di luglio dello stesso anno il HLTF ha pubblicato un quadro generale di azione per affrontare la crisi, un documento predisposto dal Segretariato delle agenzie senza un avallo politico da parte dei governi. Contemporaneamente il presidente francese, Nicolas Sarkozy proponeva una Global Partnership per l'agricoltura e l'alimentazione composta da istituzioni intergovernative, settore privato, mega fondazioni e societa' civile.
Nel luglio del 2008, il G8 ha fatto sua la proposta del presidente francese sottolineando la necessita' di creare una nuova struttura finanziaria per sostenere la ricerca e lo sviluppo del settore agricolo. Nel G8 dell'Aquila, poi, come ha ricordato il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e' stato ''messo a punto un programma di finanziamento per 20 miliardi di dollari nei prossimi tre anni''. Ad oggi, pero', la questione rimane aperta. Chi governa i Paesi in via di sviluppo deve infatti risolvere il problema di dar cibo a 840 milioni di persone sottoalimentate, e di fare uscire dalla poverta' due miliardi di individui (dei quali due terzi vivono nelle campagne) che hanno solo due euro al giorno. Questi Paesi esportano prodotti agricoli per 150 miliardi di dollari l'anno verso Paesi industrializzati dove la produzione e' gonfiata da sussidi pari a 300 miliardi di dollari l'anno, che fanno dell'agricoltura l'ultimo grande settore sottratto alla disciplina di mercato. E' questo il prezzo che i Paesi ricchi pagano per proteggere il 3 per cento della popolazione ancora attiva in ambito rurale. Ci sono due sole eccezioni, Nuova Zelanda e Australia, che hanno quasi azzerato la protezione dei loro produttori agricoli, con l'effetto di far crescere produzione e reddito degli agricoltori.
Il protezionismo alimentare, quella pratica messa in atto sia dai Paesi ricchi che da quelli poveri sotto forma di dazi e di divieti alle esportazioni, viene affrontato concretamente nel corso del 2008. Durante l'anno, infatti, mentre i Paesi ricchi sono impegnati a proteggere i propri mercati, (per esempio la Russia, il maggior importatore di pollame proveniente dagli Usa, punta a diventare autosufficiente nel giro di due anni per il pollame e la carne di maiale) molti Paesi poveri hanno reagito alle impennate dei prezzi degli alimentari nel 2008 con divieti nelle esportazioni su alcuni cibi come riso e grano.
Secondo un rapporto della FAO Crop Prospects and Food Situation (Prospettive dei Raccolti e Situazione Alimentare), inoltre, sempre nel 2008 la produzione alimentare e' aumentata del 4,9% raggiungendo la quantita' record di 2.232 milioni di tonnellate. Il rapporto fa pero' notare che cio' nonostante 36 paesi hanno ancora bisogno di assistenza esterna a causa della perdita dei raccolti, dei conflitti e dell'insicurezza, o perche' i prezzi alimentari continuano ad essere alti a livello locale.
La stima del Fondo monetario internazionale sul ''protezionismo alimentare'' ritorna d'attualita' e si inserisce nell'agenda del vertice Fao di Roma.
La crisi alimentare e', infatti, esplosa come questione mondiale alla fine del 2007. Nel mese di aprile del 2008, il segretario generale delle Nazioni Unite ha istituito una High-Level Task Force (HLTF), che ha coinvolto 22 istituzioni delle Nazioni Unite e di Bretton Woods, per lavorare ad un piano coordinato di risposta multilaterale. Entro il mese di luglio dello stesso anno il HLTF ha pubblicato un quadro generale di azione per affrontare la crisi, un documento predisposto dal Segretariato delle agenzie senza un avallo politico da parte dei governi. Contemporaneamente il presidente francese, Nicolas Sarkozy proponeva una Global Partnership per l'agricoltura e l'alimentazione composta da istituzioni intergovernative, settore privato, mega fondazioni e societa' civile.
Nel luglio del 2008, il G8 ha fatto sua la proposta del presidente francese sottolineando la necessita' di creare una nuova struttura finanziaria per sostenere la ricerca e lo sviluppo del settore agricolo. Nel G8 dell'Aquila, poi, come ha ricordato il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e' stato ''messo a punto un programma di finanziamento per 20 miliardi di dollari nei prossimi tre anni''. Ad oggi, pero', la questione rimane aperta. Chi governa i Paesi in via di sviluppo deve infatti risolvere il problema di dar cibo a 840 milioni di persone sottoalimentate, e di fare uscire dalla poverta' due miliardi di individui (dei quali due terzi vivono nelle campagne) che hanno solo due euro al giorno. Questi Paesi esportano prodotti agricoli per 150 miliardi di dollari l'anno verso Paesi industrializzati dove la produzione e' gonfiata da sussidi pari a 300 miliardi di dollari l'anno, che fanno dell'agricoltura l'ultimo grande settore sottratto alla disciplina di mercato. E' questo il prezzo che i Paesi ricchi pagano per proteggere il 3 per cento della popolazione ancora attiva in ambito rurale. Ci sono due sole eccezioni, Nuova Zelanda e Australia, che hanno quasi azzerato la protezione dei loro produttori agricoli, con l'effetto di far crescere produzione e reddito degli agricoltori.
Il protezionismo alimentare, quella pratica messa in atto sia dai Paesi ricchi che da quelli poveri sotto forma di dazi e di divieti alle esportazioni, viene affrontato concretamente nel corso del 2008. Durante l'anno, infatti, mentre i Paesi ricchi sono impegnati a proteggere i propri mercati, (per esempio la Russia, il maggior importatore di pollame proveniente dagli Usa, punta a diventare autosufficiente nel giro di due anni per il pollame e la carne di maiale) molti Paesi poveri hanno reagito alle impennate dei prezzi degli alimentari nel 2008 con divieti nelle esportazioni su alcuni cibi come riso e grano.
Secondo un rapporto della FAO Crop Prospects and Food Situation (Prospettive dei Raccolti e Situazione Alimentare), inoltre, sempre nel 2008 la produzione alimentare e' aumentata del 4,9% raggiungendo la quantita' record di 2.232 milioni di tonnellate. Il rapporto fa pero' notare che cio' nonostante 36 paesi hanno ancora bisogno di assistenza esterna a causa della perdita dei raccolti, dei conflitti e dell'insicurezza, o perche' i prezzi alimentari continuano ad essere alti a livello locale.
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