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Messaggio Da Antonio Mar Set 08, 2009 10:06 am

Il punto azzurro.

Caro ct, sicuro che non serva Cassano?

Fra la doppietta di Kaladze e il sedere di Lippi si nasconde la perfidia uterina del calcio. Povera Italia ricca o ricca Italia povera: fate voi. Se il risultato in casi del genere è tutto, e Buffon molto, il Mondiale può dirsi servito. Non che in Georgia ci aspettassimo una passeggiata di salute - Trapattoni e Donadoni avevano vinto a fatica, Maldini aveva addirittura pareggiato - ma insomma. A nove mesi dall’ora X, la squadra è questa, il blocchetto Juve e una manovra grigia grigia, dalla giacca ai pantaloni. Cambiare il modulo, e Lippi l’ha fatto, non significa cambiare gioco: magari. Squadra senza qualità, inguardabile per un tempo e dignitosa soltanto dopo il primo autogol e le staffette (D’Agostino, Quagliarella). Lippi l’aveva buttata lì: della Nazionale non frega niente a nessuno. Non poteva immaginare che a Kaladze sarebbe fregato meno che ai giornalisti (satira politica). È la vita: dal 5 maggio alla beffa di Tbilisi, Lippi per Cuper, hombre vertical, rimarrà nei secoli un incubo. Brutto segno, quando i migliori sono sempre gli squalificati (De Rossi), gli esclusi (Cassano) o i «passaportabili» (Amauri e, visto il pianto del centrocampo, perché non Thiago Motta). Per un’ora la manovra era stata così anonima da giustificare ogni tipo di censura: dalla svagatezza degli attaccanti, Rossi su tutti, ai radar «bolliti» di Pirlo e Camoranesi. L’Italia del Lippi-bis non è mai stata spumeggiante; al massimo, concreta. Non alla Confederations Cup, e non in Georgia. Il logorìo ha azzoppato la vecchia guardia e il ct ha smarrito la brillantezza del messaggio. Non per partito preso, e nemmeno per «barsportismo» manifesto, ma in questa valle di lacrime come si fa a non dare almeno una chance, dicasi una, a Cassano? Come era nei voti, la sfida di Torino sarà cruciale: se battiamo i bulgari, fra Irlanda a Dublino e Cipro a Parma ci basterà vincere con i ciprioti. Per i glutei di Marcello, memori di Larnaca, una sciocchezza.

Domande & Risposte: Perché l'Italia gioca così male?

Cosa c’è da salvare della trasferta in Georgia?

Il risultato, e stop. Non certo il gioco. Tanto meno il gioco del primo tempo. La vittoria, preziosa, lascia gli azzurri al comando del gruppo 8. Restano tre partite, e per andare in Sud Africa ci basterà onorare il fattore campo: mercoledì a Torino con la Bulgaria, tornata in corsa per il secondo posto, e il 14 ottobre a Parma con Cipro. In mezzo, l’Irlanda del Trap a Dublino: una sfida che, a «quelle» condizioni, potremmo anche perdere.

Quali sono, oggi, i problemi di Lippi?

In qualità di «santo dopo», carica che spetta di diritto a coloro che vincono un Mondiale dopo essere stati additati al pubblico dileggio, può permettersi molto, se non tutto. A livello tecnico, in compenso, le cose non hanno funzionato come prima dell’avventura tedesca. La Confederations Cup ha sancito, in pratica, la fine di un ciclo. Alla Nazionale manca talento: dal centrocampo in su. L’unico fuoriclasse acclarato rimane, come hanno ribadito gli episodi di sabato, Gigi Buffon.

Se manca talento, perché Cassano non trova posto?

Discorso complesso. Antonio Cassano ha 27 anni e, in Nazionale, venne sdoganato da Giovanni Trapattoni. Pecora matta, fu il migliore agli Europei del 2004, quelli suggellati dalla torta fra danesi e svedesi, mentre non riuscì a emergere dal piattume generale dell’edizione successiva, in Austria e Svizzera, recuperato alla causa da Roberto Donadoni. Non è un fenomeno alla Maradona, ma con quello che passa il convento non provarlo significa rinunciare ad alternative plausibili.

Qual è il ruolo di Cassano?

Premesso che in Italia vanno di moda i trequartisti alla Diego, Antonio ha caratteristiche più da seconda punta che da suggeritore. Sa interpretare entrambe le fasi, e nella Sampdoria tende ad accentrarsi partendo da sinistra: prova ne sia il gol realizzato all’Udinese. Ricapitolando: più che dietro due punte, sarebbe opportuno impiegarlo al fianco di un centravanti di peso.

Bisogna preoccuparsi dell’eclisse di Pirlo?

La sua posizione di regista arretrato fu una felice intuizione di Carlo Ancelotti, al Milan. Gioca, Pirlo, come se fosse stufo di recitare sempre e comunque la stessa parte. Ha 30 anni, e in Germania, nel 2006, fu una delle rotelle cruciali. Per lui stravedeva Johan Cruijff, mica un cliente da bar sport. Piano piano, dato il centrocampo poco creativo, Lippi sta provando a riportarlo a ridosso degli attaccanti, là dove lo aveva sistemato Carlo Mazzone nel Brescia di Roberto Baggio. Con D’Agostino, perché no, perno arretrato del rombo azzurro. Potrebbe essere un’idea.

Altro argomento spinoso, gli «oriundi». Sì o no?

In passato, oriundi. Adesso, naturalizzati. Non si può, da un lato, celebrare la globalizzazione e, dall’altro, discriminare fra chi è nato italiano e chi ha scelto, per amore o interesse, di diventarlo. Gli unici distinguo devono essere di natura esclusivamente tecnica, e spettano a Lippi. Camoranesi fu lanciato dal Trap, Thiago Motta ha la doppia nazionalità, brasiliana e italiana. Si parla molto di Amauri e poco dell’interista: secondo i maliziosi, proprio perché gioca nell’Inter. Sarebbe il caso di tenerlo d’occhio, è un centrocampista duttile, che vede la porta. Per la cronaca, l’unica volta che fallimmo la qualificazione a un Mondiale, nel 1958, la Nazionale presentava un alto tasso di oriundi, ma credo che quella esperienza rimanga un’eccezione, non la regola.

Ogni tanto, saltano fuori i nomi di Totti e Del Piero. Non sono fuori corso?

Francesco Totti compie 33 anni il 27 settembre; Del Piero 35 il 9 novembre. Rappresentano, paradossalmente, dei non-problemi, nel senso che il ct li conosce come le sue tasche e ai Mondiali mancano nove mesi. Giocare o sprizzare salute oggi, non conta. Conterà a primavera. Il problema è Cassano, sul quale Lippi non ha mai fornito spiegazioni democratiche e dettagliate, trincerandosi dietro questioni «psico-tattiche» (!).

Quanto incide il sistema di gioco?

Ha ragione, Mourinho, nel considerare i principi più importanti degli schemi. Sono le società grandi e i grandi giocatori che fanno gli allenatori, e non viceversa. Arrigo Sacchi cambiò la storia con il Milan di Gullit, Rijkaard e Van Basten, ma con altri olandesi fu la storia a cambiare lui. Meglio una rosa straordinaria e un tecnico normale che un tecnico straordinario e una rosa normale. Lippi resta, fin dalla sua prima Juventus, un «tridentino»: un allenatore, cioè, votato al tridente. Ma la Coppa del Mondo, a Berlino, la vinse dopo essere passato al 4-4-1-1. Alla Confederations Cup, nel giugno scorso, aveva abbracciato il 4-3-3. Un disastro. Il ritorno a un più casto 4-4-2 lo ha aiutato a rimettersi in carreggiata. Evviva la duttilità, abbasso il dogmatismo.

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