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Focus - Niente è come sembra
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Focus - Niente è come sembra
Nicky Spurgeon è il migliore, il più scaltro, un manipolatore senza eguali. Cresciuto da una famiglia di borseggiatori, ha messo in piedi un'azienda in grado di architettare i colpi più audaci. Jess, la bionda che gli è capitata al tavolo una sera a cena, vuole entrare a farne parte. Nicky la testa, a New Orleans, e s'innamora. Ma lei non serve più e la lascia per strada. Tre anni dopo, sul circuito di Formula Uno di Buenos Aires, mentre si appresta a giocare duro, Nicky ritrova Jess. Cosa ci fa lei lì? E lui, per chi o cosa si è mosso in realtà?
Crazy, Stupid, Love era una commedia insolita, volontariamente non improntata all'idea forte (il cosiddetto high concept) e dunque apparentemente rischiosa. Il copione non era perfetto, non spiccava il volo, ma alcune scene tra Ryan Gosling e Steve Carell, e tra Gosling ed Emma Stone, erano così vere da dare l'impressione di un rigonfiarsi tridimensionale della pellicola in quei frangenti. Qui accade lo stesso, ma il copione è migliore.
È una questione di messa a fuoco, dice Nicky, maestro del depistaggio: ti spingo a focalizzarti su un punto e lavoro a tua insaputa su un altro. In verità è difficile, per lui e per noi, non distogliere lo sguardo da Margot Robbie: l'obiettivo non fa che cercarla, incontrarla, incantarsi al suo cospetto, eppure il film continua il suo lavoro, semina indizi e specchietti per le allodole e ad ogni mano raccoglie i frutti, ripulendo il tavolo. È di questo che parla, d'altronde, di un uomo che ha costruito una carriera e una fortuna sul non distrarsi un attimo e poi un giorno si trova davanti alla più grande distrazione della sua vita. Prima è tentato di fuggirla, poi sceglie un'altra strada. E qui si scopre il velo. Perché Focus non è un "gambler movie" - come Ficarra e Requa ci chiedono di credere - ma una storia d'amore che, come ogni storia d'amore, funziona se si sa giocare insieme, se si conosce l'altro (punti di forza e punti deboli) e soprattutto se si è disposti a scommettere.
Will Smith arriva maturo a questa prova di trasformismo, pur non avendo un passato cinematografico specializzato nel romance. Di più. È proprio il suo portarsi addosso altri ruoli, più duri e disincantati, che aiuta i registi nell'impresa di mantenere viva l'attenzione, perché - chissà - il gioco potrebbe prendere fino all'ultimo un'altra piega ("mai scoprirsi", "muori con la tua menzogna").
Come in I Love You Philip Morris, con cui questo film ha evidentemente molto in comune, la struttura a girandola conserva un centro molle (Mallow è il soprannome di Nicky), che continua a risultare spiazzante. Si può pensare che, rispetto a quell'esempio, le tematiche si siano fatte meno rilevanti e sia scomparsa quell'ombra di cinismo (Jim Carrey che si fingeva malato di AIDS) che pepava il piatto, ma, a ben guardare, in un film che ruota attorno all'impossibilità di fidarsi di chiunque il cinismo sarebbe stato un ingrediente quasi scontato.
Non è detto, dunque, che Focus regga le molteplici visioni, la prima brucia indubbiamente la maggior parte della miccia, ma è certo che Ficarra e Requa stiano affinando la tecnica, quella del depistaggio tra i generi.
Crazy, Stupid, Love era una commedia insolita, volontariamente non improntata all'idea forte (il cosiddetto high concept) e dunque apparentemente rischiosa. Il copione non era perfetto, non spiccava il volo, ma alcune scene tra Ryan Gosling e Steve Carell, e tra Gosling ed Emma Stone, erano così vere da dare l'impressione di un rigonfiarsi tridimensionale della pellicola in quei frangenti. Qui accade lo stesso, ma il copione è migliore.
È una questione di messa a fuoco, dice Nicky, maestro del depistaggio: ti spingo a focalizzarti su un punto e lavoro a tua insaputa su un altro. In verità è difficile, per lui e per noi, non distogliere lo sguardo da Margot Robbie: l'obiettivo non fa che cercarla, incontrarla, incantarsi al suo cospetto, eppure il film continua il suo lavoro, semina indizi e specchietti per le allodole e ad ogni mano raccoglie i frutti, ripulendo il tavolo. È di questo che parla, d'altronde, di un uomo che ha costruito una carriera e una fortuna sul non distrarsi un attimo e poi un giorno si trova davanti alla più grande distrazione della sua vita. Prima è tentato di fuggirla, poi sceglie un'altra strada. E qui si scopre il velo. Perché Focus non è un "gambler movie" - come Ficarra e Requa ci chiedono di credere - ma una storia d'amore che, come ogni storia d'amore, funziona se si sa giocare insieme, se si conosce l'altro (punti di forza e punti deboli) e soprattutto se si è disposti a scommettere.
Will Smith arriva maturo a questa prova di trasformismo, pur non avendo un passato cinematografico specializzato nel romance. Di più. È proprio il suo portarsi addosso altri ruoli, più duri e disincantati, che aiuta i registi nell'impresa di mantenere viva l'attenzione, perché - chissà - il gioco potrebbe prendere fino all'ultimo un'altra piega ("mai scoprirsi", "muori con la tua menzogna").
Come in I Love You Philip Morris, con cui questo film ha evidentemente molto in comune, la struttura a girandola conserva un centro molle (Mallow è il soprannome di Nicky), che continua a risultare spiazzante. Si può pensare che, rispetto a quell'esempio, le tematiche si siano fatte meno rilevanti e sia scomparsa quell'ombra di cinismo (Jim Carrey che si fingeva malato di AIDS) che pepava il piatto, ma, a ben guardare, in un film che ruota attorno all'impossibilità di fidarsi di chiunque il cinismo sarebbe stato un ingrediente quasi scontato.
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