TERMINI IMERESE: SCAJOLA APRE ALL'IPOTESI CINESE, SMENTITA DA PECHINO

(ASCA) - Roma, 14 dic - Il governo punta a far crescere la produzione di auto in Italia e il ministro dello sviluppo economico Claudio Scajola apre all'ipotesi della cinese Chery che secondo indiscrezioni di stampa sarebbe interessata a Termini Imerese. Il presidente della compagnia cinese tuttavia in una intervista al sito sohu.com ha detto di essere venuto a conoscenza di tale interesse dalla stampa ma ha confermato l'obiettivo di uno dei principali costruttori cinesi ad espandere la presenza all'estero con 15 stabilimenti.

Scajola dall'India non cita mai il gruppo cinese ma sottolinea la volonta' dell'esecutivo di ''far crescere la produzione di auto in Italia. Ci auguriamo di farlo con Fiat ma siamo aperti a chiunque voglia venire''. ''Il nostro interesse e' aiutare e collaborare con Fiat a crescere in Italia ma siamo aperti a qualunque opportunita'''.

L'esponente dell'esecutivo sottolinea che la produzione di auto in Italia e' ben inferiore alle immatricolazioni, a differenza di molte altre realta' europee come Spagna e Francia.

La Cina intanto si muove per ritagliarsi un ruolo di primo piano nel settore dell'auto anche se la strada e' impegnativa. Proprio oggi il gruppo Baic ha annunciato l'acquisto della proprieta' intellettuale di due modelli della Saab da GM dopo che il gruppo Koenigseeg ha rinunciato a rilevare il gruppo svedese.

Sempre cinese l'acquisto del brand Hummer della GM due mesi fa e si moltiplicano le alleanza tra i big dell'auto e i costruttori cinesi. La Cina a breve sara' il primo mercato mondiale superando gli Stati Uniti ma al tempo stesso intende rafforzare la presenza sui mercati esteri. Uno dei principali problemi, oltre ai rutardi in fatto di tecnologie, e' rappresentato dalla frammentazione dell'industria dell'auto cinese. La primavera scorsa le autorita' di Pechino avevano lanciato la proposta di un profondo riassetto attraverso fusioni e integrazioni dei primi 13 costruttori cinesi. Ma il piano del governo centrale ha incontrato, al momento, la ferma opposizione delle province che non intendono rischiare di vedersi privare di industria e stabilimenti.